Licenziare un dipendente è una decisione che comporta implicazioni legali ed economiche significative. Tra motivazioni obbligatorie e costi del ticket di licenziamento, il datore di lavoro deve affrontare sfide complesse che spesso rendono questa scelta meno conveniente di quanto si pensi. Esistono alternative più vantaggiose da considerare.
Il licenziamento di un dipendente è una delle decisioni più delicate che un datore di lavoro possa trovarsi ad affrontare. Non si tratta solo di una scelta che influisce sul clima aziendale e sull'immagine dell'impresa, ma comporta anche implicazioni legali ed economiche di rilievo. La dottoressa Beatrice Marvillo, avvocato specializzato in diritto del lavoro, in un recente video pubblicato sui social, ha spiegato perché, nella maggior parte dei casi, licenziare un dipendente non conviene al datore di lavoro.
Due sono le motivazioni principali che rendono il licenziamento una mossa svantaggiosa: da un lato, l’obbligo di fornire una motivazione valida, pena l’impugnazione del licenziamento stesso, e dall’altro, i costi economici legati al cosiddetto ticket di licenziamento. Questi aspetti non solo complicano il processo, ma spesso lo rendono economicamente gravoso. Analizziamo più nel dettaglio i punti sollevati dalla dottoressa Marvillo e perché è importante valutare attentamente questa decisione.
Visualizza questo post su Instagram
La necessità di una motivazione valida da parte del lavoro
Il primo aspetto cruciale riguarda l’obbligo, per il datore di lavoro, di giustificare il licenziamento. Secondo la normativa italiana, un licenziamento è considerato legittimo solo se sussiste:
- Giusta causa: una condotta particolarmente grave del dipendente che compromette il rapporto fiduciario con l’azienda, come furto o violenza.
- Giustificato motivo soggettivo: legato a comportamenti meno gravi del dipendente, ma comunque inaccettabili, come violazioni ripetute delle regole aziendali.
- Giustificato motivo oggettivo: situazioni aziendali come crisi economica o riorganizzazioni che rendono superfluo il ruolo del dipendente.
In assenza di queste condizioni, il licenziamento può essere impugnato dal lavoratore e, in molti casi, il giudice può decidere per il reintegro o per un risarcimento economico, con costi aggiuntivi per il datore di lavoro.
Il costo del ticket di licenziamento
Un’altra ragione per cui il licenziamento risulta spesso sconveniente è l’obbligo di versare il ticket di licenziamento. Questo contributo è destinato a finanziare la disoccupazione del dipendente ed è calcolato in base all’anzianità di servizio del lavoratore e alla sua retribuzione. Per il datore di lavoro, il ticket rappresenta un costo che può raggiungere cifre significative, soprattutto nel caso di dipendenti con molti anni di servizio.
Inoltre, il ticket di licenziamento si aggiunge ai potenziali costi di una transazione per evitare il ricorso legale da parte del lavoratore, rendendo l’intera operazione poco conveniente sotto il profilo economico.
Alternative al licenziamento
Di fronte a queste difficoltà, molti datori di lavoro scelgono percorsi alternativi, come il ricorso a un accordo consensuale con il dipendente, che permette di evitare le complessità legali e ridurre i costi. Oppure, si può valutare un piano di riallocazione interna, spostando il lavoratore in un altro ruolo più adatto alle sue competenze.