Preavviso nel lavoro: le differenze tra contratto a tempo determinato e indeterminato, come si calcola, cosa accade se non viene rispettato e le possibilità di accordo tra dipendente e datore per evitare il periodo di preavviso, garantendo una transizione ordinata e priva di conflitti.
Il preavviso è una componente fondamentale nei rapporti di lavoro, che interviene sia nel caso di dimissioni da parte del dipendente che di licenziamento da parte del datore di lavoro. Questo periodo di preavviso consente a entrambe le parti di organizzarsi e di affrontare la cessazione del rapporto lavorativo in modo ordinato. Tuttavia, le modalità e i tempi di preavviso possono variare a seconda del tipo di contratto, con differenze sostanziali tra contratto a tempo determinato e a tempo indeterminato. Ne hanno parlato, in un video pubblicato di recente, gli esperti di Laborability.
Quando un dipendente decide di dimettersi o quando viene licenziato, il periodo di preavviso serve a garantire che entrambe le parti possano organizzarsi per la fine del rapporto lavorativo. Il dipendente ha il tempo di cercare un nuovo impiego, mentre il datore di lavoro può gestire la sostituzione. Nel caso di contratto a tempo indeterminato, il preavviso è obbligatorio e viene calcolato in base all'anzianità del lavoratore e al contratto collettivo di riferimento. Tuttavia, per il contratto a tempo determinato, la situazione è diversa, poiché, in linea generale, non sono previste le dimissioni da parte del lavoratore se non per giusta causa. Vediamo come funziona il preavviso in entrambe le situazioni e le conseguenze in caso di mancato rispetto.
Lavoro con contratto indeterminato vs contratto determinato
Nel caso di un contratto a tempo indeterminato, il periodo di preavviso dipende dall'anzianità di servizio del lavoratore e dalle disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL). In generale, più lunga è l'anzianità del dipendente, maggiore sarà la durata del preavviso che deve rispettare. Per esempio, se un dipendente ha meno di 5 anni di servizio, potrebbe dover dare un preavviso di circa un mese, mentre chi ha più di 5 anni di anzianità potrebbe dover rispettare un preavviso che arriva fino a 3 mesi.
Nel caso di un contratto a tempo determinato, la situazione cambia significativamente. Se il contratto arriva a scadenza naturale, non è previsto alcun preavviso, poiché non c'è una cessazione anticipata. Tuttavia, se una delle due parti (datore di lavoro o dipendente) desidera interrompere il contratto prima della scadenza, è necessario rispettare un preavviso, ma in genere il periodo di preavviso sarà molto più breve rispetto a quello previsto per i contratti a tempo indeterminato. In ogni caso, per il lavoratore con contratto a tempo determinato, le dimissioni non sono previste, salvo che non sussista una giusta causa. La giusta causa può essere un motivo grave, come un comportamento illecito o altre circostanze che giustifichino un'interruzione immediata del contratto senza preavviso.
Come si calcola il preavviso
Il calcolo del preavviso in un contratto a tempo indeterminato dipende principalmente dall'anzianità del dipendente e dalle norme del contratto collettivo. Per esempio, un lavoratore con meno di 5 anni di servizio dovrà rispettare un preavviso di circa 1 mese, mentre uno con più di 5 anni potrà arrivare fino a 3 mesi di preavviso. Le tempistiche possono variare in base ai contratti collettivi settoriali, quindi è importante fare riferimento alle disposizioni specifiche.
Nel caso di un contratto a tempo determinato, invece, se il contratto viene interrotto prima della scadenza, il preavviso si calcola in base alla durata residua del contratto, ma il periodo sarà sempre inferiore a quello previsto per i contratti a tempo indeterminato. Come accennato, le dimissioni in un contratto a tempo determinato sono consentite solo per giusta causa, quindi il lavoratore non ha la libertà di interrompere il contratto a meno che non ci siano motivazioni gravi che giustifichino tale azione.
Cosa accade se non si rispetta il preavviso sul lavoro e come evitarlo
Se una delle due parti non rispetta il preavviso stabilito, le conseguenze possono essere di natura economica e legale.
- Nel caso del dipendente: Se il lavoratore decide di dimettersi senza rispettare il preavviso, è tenuto a pagare una somma equivalente al periodo di preavviso non lavorato. Questa somma viene trattenuta dalla sua retribuzione finale e viene chiamata "indennità sostitutiva del preavviso". Tuttavia, se il lavoratore dimette per giusta causa, non è obbligato a corrispondere tale somma. La giusta causa, infatti, esonera il dipendente dall'obbligo di rispettare il preavviso.
- Nel caso del datore di lavoro: Se il datore di lavoro non rispetta il preavviso, ad esempio licenziando il dipendente senza preavviso, è obbligato a corrispondere un'indennità pari al periodo di preavviso che non è stato rispettato. In alcuni casi, se il licenziamento è ingiustificato, il dipendente potrebbe anche avere diritto a un risarcimento per danni economici e morali.
In alcuni casi, sia il datore di lavoro che il dipendente possono concordare di esonerare l'altro dal rispetto del preavviso. Se il dipendente ha trovato un altro impiego e ha bisogno di partire prima della fine del periodo di preavviso, può chiedere di essere esonerato dal lavorare durante tale periodo. In cambio, l'azienda può chiedere un'indennità sostitutiva.
Nel caso di un contratto a tempo determinato, il preavviso è di solito molto più breve, ma, come già detto, non è possibile per il lavoratore dimettersi prima della scadenza del contratto, se non per giusta causa. Se il datore di lavoro decide di interrompere il contratto anticipatamente, sarà tenuto a pagare un'indennità equivalente al periodo di preavviso, a meno che non ci siano motivi giustificati per la risoluzione del contratto.